Eurobond, cosa sono e perché dividono l'UE

Le economie europee sono in uno stato di letargo indotto dal Coronavirus. Anche la più forte, la Germania, si sta preparando per un’inevitabile recessione. Molti governi nel continente hanno approvato forti spese di stimolo per far fronte all’enorme tributo che la pandemia ha già richiesto alle loro società.

Saranno necessari ulteriori stimoli, più vicini alle somme messe in campo dagli Stati Uniti. La Spagna ha messo tutta la sua economia, già traballante, in letargo, mentre l’Italia ha esteso il suo lockdown e la Francia ha ridotto la produzione di un terzo. Ma questi passaggi importanti sono ancora solo temporanei.

I governi devono trovare centinaia di miliardi di euro, se non di più, per pagare i lavoratori inattivi, mantenere sistemi di assistenza sanitaria sovraccarichi di lavoro e avviare quella che sperano possa essere una ripresa nella seconda metà dell’anno. Per fare ciò, nove governi colpiti dalla pandemia nella zona Euro, guidati da Italia, Spagna e Francia, hanno proposto l’emissione di obbligazioni congiunte, quei cosiddetti Eurobond di cui si parla ormai da più di dieci anni

Cosa sono gli Eurobond?

Gli Eurobond, rinominati recentemente Coronabond perché proposti come misura per contrastare le spese che i governi europei dovranno affrontare a seguito del virus, non sono altro che obbligazioni sul debito pubblico emesse in maniera congiunta dai paesi dell’eurozona.

In questo modo, il debito verrebbe mutuato in un bilancio comune, il costo del finanziamento sarebbe inferiore per i paesi fortemente indebitati e i proventi sarebbero distribuiti tra i membri della zona euro in base alle loro effettive esigenze.

In origine, gli Eurobond nacquero come contromisura alla crisi economica del 2008 che mise in ginocchio diversi paesi europei, in particolare la Grecia, e ne vennero proposte diverse versioni negli anni. Ciononostante, non convinsero mai tutti le Nazioni coinvolte e questa variante non fa eccezione.

Le divisioni nell’UE

Questi Eurobond dovrebbero essere uno strumento di unità in un momento di crisi continentale. Invece, Germania, Paesi Bassi, Austria e Finlandia si stanno opponendo al massiccio rimodellamento strutturale che questi comporterebbero e il clima politico nell’Unione non è dei migliori.

I paesi contrari si chiedono se la condivisione del debito sia davvero una manovra necessaria. La BCE ha recentemente messo in campo un programma da 750 miliardi di euro per sottoscrivere il debito dei paesi europei nel tentativo deliberato di mantenere il più basso possibile i costi di prestito per nazioni indebitate come l’Italia e la Spagna. E ha funzionato: lo spread sulle obbligazioni a lungo termine dell’Italia, rispetto al debito della Germania, è ancora basso ed è solo una frazione di quello che era durante i momenti peggiori dell’ultima crisi finanziaria.

I leader olandesi e tedeschi suggeriscono che altri strumenti esistenti possano intervenire in maniera altrettanto efficace. Ad esempio, c’è l’European Stability Mechanism (ESM – detto anche Fondo salva-Stati), una sorta di fondo finanziario europeo che ha a disposizione oltre 400 miliardi di euro per aiutare i paesi in crisi.

I paesi dell’Europa meridionale controbattono che l’ESM, anche se utilizzato al 100%, fornirebbe solo una piccola iniezione di liquidità, mentre questa crisi richiede risposte da tempo di guerra che sono dieci volte più grandi.

Le conseguenze per l’UE

Il dilemma non riguarda solo il modo in cui i paesi pagheranno per annullare il danno a breve termine. La domanda più ampia è cosa succederà all’Unione Europea, che era già vicina al punto di rottura a seguito della crisi finanziaria, con persistente risentimento da parte di paesi come la Grecia e l’Italia verso nazioni come la Germania.

I Ministri delle Finanze europei hanno ancora poco tempo per trovare una soluzione, e una risposta comune non è impossibile. Per anni, molti europei hanno desiderato cementare l’unione monetaria creando una vera e propria unione fiscale, come negli Stati Uniti, dove le parti più ricche del paese assicurano la prosperità di quelle più disagiate. È evidente, però, che in Europa al momento non si sta combattendo soltanto una lotta sanitaria, ma anche una lotta economica.