Mano robotica permanente: il primo impianto è realtà

Per la prima volta, nella storia della chirurgia, è stata impiantata una mano robotica permanente a un essere umano. L’intervento rivoluzionario è avvenuto in Svezia, a Gothenburg, nello Sahlgrenska University Hospital, eseguito dai chirurghi Richard Brånemark e Paolo Sassu.  La paziente è una signora svedese di 45 anni che perse l’arto 17 anni fa. Ora sta bene e sta facendo una riabilitazione da film di fantascienza per allenare la sensibilità tattile ritrovata.

L’operazione è diventata realtà grazie al lavoro di squadra dei ricercatori e scienziati del Progetto Europeo DETOP, capitanati dall’italiano Christian Cipriani, dell’Istituto di BioRobotica della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa. È loro la genesi dell’arto. La realizzazione pratica, poi, è avvenuta nella Scuola Superiore Sant’Anna e nell’azienda Prensilia. Il team italiano ha collaborato con il gruppo svedese del dottor Max Ortiz Catalan, dell’azienda Integrum, che ha sviluppato l’impianto.

Al progetto partecipano inoltre le università svedesi di Lund e Gothenburg, quella britannica dell’Essex, il Centro svizzero per l’Elettronica e la Microtecnologia, l’Università Campus Bio-Medico di Roma, il Centro Protesi dell’Inail e l’Istituto Ortopedico Rizzoli di Bologna.

 

Caratteristiche tecniche della mano robotica

Nell’ulna e radio della donna (le ossa dell’avambraccio) sono stati posizionati degli impianti in titanio; da questi si estendono 16 elettrodi che raggiungono i nervi e i muscoli del moncone. L’impianto pionieristico ha lo scopo di “far dialogare” il cervello della paziente con la mano artificiale. Gli elettrodi permettono di portare segnali motori alla mano, controllandone i movimenti, e anche di ricevere sensazioni tattili.

L’impianto di elettrodi nei muscoli del moncone consente di trasmettere e ricevere segnali più precisi rispetto agli impianti per così dire “tradizionali”, i quali utilizzano elettrodi inseriti solo sulla pelle per mandare i segnali di controllo motorio dai muscoli.

 

La riabilitazione degna di un libro di Asimov

“La paziente produce un movimento con una mano virtuale, comandata dagli elettrodi impiantati nell’avambraccio. Prima di indossare la protesi è necessario un training per rafforzare i muscoli del moncone”. Queste le parole di Max Ortiz Catalan che segue passo a passo con il suo team la riabilitazione della paziente. Sembra un paradosso, tuttavia è per mezzo della realtà virtuale che la signora percepisce le sensazioni tattili reali che aveva prima dell’amputazione. Gli scienziati sono ottimisti e pensano che nel giro di poche settimane la paziente potrà tornare alla vita di tutti i giorni.

 

Lo scenario futuro

Il progetto europeo ha ancora un anno di finanziamento programmato e non è detto che non venga rifinanziato. C’è la concreta possibilità che un secondo intervento con queste caratteristiche avvenga in Italia e un terzo in Svezia.

L’impianto della mano artificiale permanente segna una tappa fondamentale non solo nella chirurgia, in grado di connettere in maniera sempre più efficace cervello e macchina, ma anche nel mondo robotica industriale. Il processo che raffinerà la percezione delle macchine circa il mondo circostante è appena cominciato.