By Moreno Zani – Longitude # 18

Nell’ultimo decennio abbiamo sentito parlare molto di globalizzazione a cui sono stati associati i processi dell’abolizione delle barriere commerciale, la crescente mobilità di materie prime, lavoro e capitali per citare i più importanti. Se riflettiamo non è un fenomeno recente ma che ha, al contrario, radici molto lontane nel tempo. Pensiamo alla rivoluzione industriale con la produzione su larga scala e al connesso sviluppo delle infrastrutture di inizio secolo che accorciarono le distanze nel mondo tra le diverse economie e gli accordi sugli scambi commerciali oggetto di una discussione iniziata a fine anni 60’ con la nascita successivamente dell’organismo sul commercio mondiale (WTO) solo per citarne alcuni. Lo sviluppo degli scambi commerciali ha portato ad una più forte concorrenza soprattutto nel settore dei trasporti con una diminuzione dei costi che ha amplificato ulteriormente la mobilità di merci e persone.
Questo modello di sviluppo mondiale ha portato con sé l’affermazione e lo sviluppo di grandi corporations prima locali e divenute poi multinazionali, sfruttando anche il vantaggio competitivo di poter produrre merci in luoghi in cui il costo del lavoro e delle materie prime erano bassi associato a contenuti costi di trasferimento fisico dei beni e di commercializzare i prodotti finiti nei paesi già sviluppati.
Sugli effetti della globalizzazione e della creazione di campioni corporate internazionali ci sono pareri contrastanti: c’è chi ne canta le lodi e chi si oppone anche in modo violento. Ognuno di noi è in grado di farsi un giudizio proprio sul fenomeno.
Quello che però va analizzato sono gli effetti sociali e politici che il peso e forza economica delle grandi multinational corporate producono sulle diverse aree del mondo.

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