Il rapporto FAO 2012 “Investing in agriculture for a better future” ci fornisce la possibilità di formulare alcune considerazioni su come questo settore possa rappresentare, in un mondo alla ricerca di investimenti in assets non tradizionali, un impiego decorrelato dai mercati finanziari, uno strumento efficace nella crescita economica e contemporaneamente una strategia per identificare un modello di sviluppo sostenibile associato ad una riduzione degli squilibri alimentari globali con l’utilizzo di nuove tecniche e strumenti di coltivazione.
Le regioni nel mondo dove il capitale agroalimentare per lavoratore e la spesa pubblica agroalimentare ristagnano o sono diminuite negli ultimi tre decenni sono generalmente l’epicentro di questo squilibrio.

Le recenti crisi alimentari e le preoccupazioni crescenti sui cambiamenti climatici globali hanno posto il tema agroalimentare in cima all’agenda internazionale. I Governi e le organizzazioni sovranazionali hanno riconosciuto la convergenza tra l’obiettivo di ridurre le differenze nella disponibilità di cibo e quello di creare un sistema agricolo sostenibile. Il raggiungimento di questi obiettivi richiederà un significativo aumento degli investimenti agricoli e della loro qualità. Gli Stati nazionali – anche se le risorse attuali non sono in grado autonomamente di soddisfare le esigenze di investimento per l’agricoltura – ed i “donatori” (agenzie sovranazionali) di tutto il mondo, svolgono un ruolo cruciale per catalizzare ed incanalare gli investimenti agricoli. Ma sono gli investitori privati, diremmo gli agricoltori stessi, che troppo spesso agiscono in assenza di network domestico ed internazionale che dovrebbero essere al centro di qualsiasi strategia di investimento per il settore.

Gli attori del settore agroalimentare possono essere classificati come esteri o domestici e in subordine come pubblici o privati. La maggior fonte d’investimento generalmente è rappresentata da capitali di investitori domestici privati seguiti dagli operatori pubblici domestici. Spesso però, nei paesi a più basso reddito pro capite come Asia del Sud ed Africa Sub-Sahariana (a questo proposito si veda anche il rapporto della Banca Mondiale del 2012), la più concreta fonte di intervento sono gli stessi agricoltori. Seguono gli investimenti esteri pubblici e di assistenza allo sviluppo e quelli diretti di entità private sovranazionali. Tutti questi soggetti – pubblici e privati, nazionali ed esteri – investono in progetti diversi, spesso tra loro senza coordinamento, e per finalità differenti che si sovrappongono e non sono generalmente sostituibili. Purtroppo l’intervento pubblico rimane essenziale e fondamentale per il settore soprattutto per indirizzare ed incentivare l’intervento privato. La politica agricola pubblica deve avere come obbiettivo di attrarre gli investitori privati i quali come tutti sappiamo investiranno in questo settore, come fanno negli altri, solo se i rendimenti compenseranno il rischio percepito, supereranno i rendimenti attesi da altre tipologie di investimento alternativi ovvero vengano considerati decorrelati dall’andamento delle altre assets class. Il fine ultimo dell’intervento pubblico deve essere quello di incrementare la capacità produttiva alimentare e di raggiungere alcuni targets: crescita economica e riduzione della povertà, sicurezza alimentare e sostenibilità ambientale. Per fare ciò occorre concentrarsi sulla ricerca, sulle infrastrutture necessarie allo sviluppo dei network e sulla creazione di efficienti mercati di scambio.
La produzione agricola segue cicli naturali ed è soggetta a fenomeni quali per esempio la siccità o l’attacco di parassiti o malattie varie ai raccolti senza considerare il problema della dislocazione geografica dei produttori e della deperibilità dei loro prodotti in considerazione alle reti di comunicazione che gli permettono di raggiungere i mercati di sbocco. Tutti questi fattori rendono l’investimento rischioso e altamente dipendente dall’esistenza di infrastrutture rurali e di mercati aperti. Ne consegue che solo adeguati investimenti pubblici possono ridurne il rischio ed aumentarne la redditività rendendo il settore attrattivo anche economicamente e non solo socialmente.
La crescita della produttività in agricoltura è necessaria – ma non sufficiente – per raggiungere la sostenibilità sociale. La produzione entro il 2050 dovrà soddisfare oltre 9 miliardi di persone ovvero circa 2 miliardi in più rispetto ad oggi. La maggior parte della crescita della popolazione si avrà nei paesi in cui attualmente lo squilibrio alimentare e sociale è già ampiamente un problema. L’aumento della domanda provocherà una offerta a costi sempre più elevati e, vista la scarsità di nuove aree coltivabili, si dovranno aumentare l’intensità produttiva e le coltivazioni nei paesi in via di sviluppo (presenza di aree coltivabili). Quindi occorrerà utilizzare meno risorse naturali migliorandone lo sfruttamento e la qualità.

Il crescente fabbisogno alimentare potrebbe essere soddisfatto da produttori in grado di utilizzare flora modificata biotecnologicamente per farla crescere più velocemente, essere più produttiva, necessitando di minor spazio ed acqua e di essere in grado di resistere ad eventi climatici sfavorevoli. Tendenza ormai in atto da diversi anni.

Per meglio spiegare il fenomeno in atto è utile leggere i dati riportati da Vilmorin (quarto produttore mondiale di sementi) riguardanti i dati globali su produzioni classiche e GMO (genetic modified organism):

Market for seeds

 

A Concentrate Competitive Environment

La tendenza alla crescita della coltivazione modificata geneticamente si conferma nel rapporto 2011 dell’International Service for the Acquisition of Agri-biotechnology Applications che mostra come “Biotech crops reached 160 million hectares, up 12 million hectares on 8% growth, from 2010, as the global population reached a historical milestone of 7 billion on 31 October 2011. E continua “The most compelling and credible testimony to biotech crops is that during the 16 year period 1996 to 2011, millions of farmers in 29 countries worldwide, elected to make more than 100 million independent decisions to plant and replant an accumulated hectarage of more than 1.25 billion hectares – an area 25% larger than the total land mass of the US or China – there is one principal and overwhelming reason that underpins the trust and confidence of risk-averse farmers in biotechnology – biotech crops deliver substantial, and sustainable, socio-economic and environmental benefits. The 2011 study conducted in Europe confirmed that biotech crops are safe as animal feed.
I paesi con maggiori “investimenti” nel campo agricolo biotecnologico sono:

Global Area of Biotech Crops in 2011: by Country

Si evince dalle tabelle precedenti come il mercato delle sementi valga oggi circa 34,5 billions di dollari di cui i GMO rappresentano il 46% pari a 15,9 billions con una crescita annua del 22% contro il 5% delle semenze tradizionali. Si stima che entro i prossimi tre anni i GMO avranno la maggior quota di mercato.  Sono numeri impressionanti considerando che viene stimato che in media le coltivazioni GMO hanno un aumento produttivo annuo rispetto alla coltivazione con elementi tradizionali del 10-15%!

I maggiori produttori sono, come si evince dalla tabella precedente, imprese principalmente americane e svizzere. Monsanto, multinazionale americana, detiene da solo circa un quarto dell’intero mercato.

Gli agricoltori, molti dei quali vivono in paesi a basso e medio reddito pro capite, non dispongono di risorse sufficienti per soddisfare i propri obiettivi di maggiore produttività e non hanno la possibilità di accedere alle tecnologie genetiche in possesso delle multinazionali.

E’ comunque necessario incentivare gli imprenditori agricoli a sfruttare il loro territorio perché, seppur la produttività agricola sia in crescita grazie agli GMO, non è ancora sufficiente per soddisfare la domanda alimentare globale considerando che lo sviluppo dei biocarburanti sta assorbendo un fetta non trascurabile della produzione.

Occorrono incentivi, con relativi vincoli, che influenzando le decisioni di investimento degli agricoltori sono fondamentali per stimolare gli interventi privati. I Governi devono avere la capacità con il loro intervento di, tra gli altri:

  • creare un clima favorevole agli investimenti per catalizzare le risorse dei privati in investimenti sociali e responsabili;
  • convogliare le spese pubbliche verso infrastrutture essenziali;
  • superare i vincoli che i piccoli proprietari affrontano in tema in risparmio ma soprattutto di investimento/credito;
  • governare gli investimenti privati (multinazionali), in particolare quelli su larga scala, per garantire la coesione sociale, l’equità e la sostenibilità ambientale.

I Governi giocano un ruolo fondamentale nel processo essendo responsabili delle politiche legislative di intervento (per esempio in Italia i GMO sono vietati) e della creazione di quanto occorre per avere un mercato efficiente (es. infrastrutture). Determinante è creare aspettative e percezione  di redditività associati ad un grado normale di rischio per spingere agricoltori singoli, aziende agricole e investitori privati ad operare in risorse umane, ricerca e sviluppo.

L’investitore pubblico ottiene un maggiore payoff sociale quando si concentra nella fornitura di beni pubblici, come la ricerca agricola, le infrastrutture rurali e l’ istruzione, piuttosto che verso sussidi diretti sui prodotti (per esempio fertilizzanti e acqua). Creare efficaci organizzazioni di produttori aiuterebbe a superare vincoli di credito e di cultura agricola e  l’avversione al rischio che sono altre sfide cruciali per i piccoli operatori. Occorre infine procedere in una seria analisi dell’utilizzo dei brevetti in capo alle multinazionali ed alla loro scadenza per permettere come nell’ambito di altri settori (farmaci) la diffusione del know how.
Tutto deve essere fatto in modo sistematico ma severamente controllato per dimostrare inequivocabilmente che le ricerche chimiche e le loro applicazioni (come sulle sementi geneticamente modificati) possano ben conciliarsi con i cicli naturali senza creare utilizzi distorti delle tecnologie ed evitare che abbiano ripercussioni sulla salute dei consumatori finali.
Scienza, progresso, ritmi naturali e biologici possono ben fondersi in un’agricoltura sostenibile. Si deve creare un sistema in cui il processo agricolo sia più produttivo, gli ecosistemi naturali protetti, e quindi i contadini premiati per il valore aggiunto dei servizi che possono fornire.
Questa tematica apre anche un serio dibattito etico sull’utilizzo di queste scoperte scientifiche che danno luogo ad una serie di valutazioni di coscienza e anche religiose che dobbiamo lasciare ad ognuno di noi.
Agricoltura come investimento sociale, di sviluppo economico sostenibile ed etico.
Un settore che sta dimostrando come il suo sviluppo porti con sé non soltanto il valore della produzione in senso assoluto ma dei valori di cui tutta la società beneficia e che i settori secondario e terziario non riescono a fornire. Mi riferisco anche ma non solo al valore sociale delle attività no profit e cooperative che hanno trovato negli anni nell’agricoltura il loro modello di sviluppo non percorribile altrove ovvero nella (re)introduzione di persone spesso non in grado di essere economicamente utili negli altri due settori.
La riconsiderazione dunque dell’agricoltura come parte essenziale del sistema economico e di sviluppo globale legato però alla creazione di un modello strettamente connesso alla sostenibilità territoriale. Così delineata si può quantificare quale importanza abbia il settore agricolo al pari (oggi se non superiore) rispetto agli altri due settori tradizionali considerando i suoi risvolti multipli nei processi di crescita e sociali.
In un contesto di crescita della popolazione mondiale ed un aumento dell’utilizzo delle componenti agricole per il sostentamento globale e per lo sviluppo sostenibile (si pensi ai biocarburanti),  le autorità sovrannazionali avranno il delicato compito di studiare con i responsabili nazionali un ecosistema basato sulla creazione di un equilibrio alimentare migliore e sull’attività di indirizzo della ricerca nell’ambito degli GMO per evitare che le nuove tecnologie creino instabilità in campi non necessariamente agricoli e difficoltà sull’interpretazione etica del futuro di gruppi di popolazioni.

Occorre infine creare le condizioni di un mercato produttivo efficiente per evitare che lo sbilancio dei risultati economici, spesso ad appannaggio quasi esclusivo dei distributori, penalizzino la qualità e la quantità della produzione a danno dei produttori iniziali e soprattutto dei consumatori finali ossia i cittadini del mondo.

 

SCARICA QUI: The world’s food Map

SCARICA QUI: Articolo Originale in Inglese pubblicato su Longitude #24 2013