
La finanza sostenibile cresce, ma gli italiani restano cauti
Tra greenwashing e scarsa alfabetizzazione finanziaria
L’investimento sostenibile rappresenta una delle frontiere più promettenti del panorama finanziario.
Eppure, in Italia, solo 1 italiano su 10 investe in fondi ESG (Environmental, Social, Governance).
Un paradosso che trova le sue radici in fattori strutturali specifici: bassa alfabetizzazione finanziaria e sfiducia nella reale sostenibilità dei fondi, spesso alimentata dai casi di greenwashing.
Le società quotate italiane stanno aumentando la rendicontazione ESG per rispondere alle normative europee, ma il rischio di comunicazioni fuorvianti resta elevato.
Per contrastarlo, la Consob sta testando l’Intelligenza Artificiale per identificare affermazioni ingannevoli nei documenti dei fondi “green”.
Nonostante le sfide, la transizione verso una finanza sostenibile resta una delle opportunità più rilevanti per investitori e mercato, sostenuta dalle normative UE e dalla crescente consapevolezza finanziaria.
Come leggere le etichette “green” nel mondo della finanza
Chiarezza e trasparenza sono la prima esigenza di una finanza sostenibile.
L’Unione Europea ha sviluppato un impianto normativo ambizioso per aiutare gli investitori a riconoscere pratiche scorrette.
I principali strumenti europei sono:
- Regolamento Tassonomia, che definisce quando un’attività economica può essere considerata “ambientalmente sostenibile”.
- Regolamento SFDR (Sustainable Finance Disclosure Regulation), che impone obblighi di trasparenza e classifica i prodotti in base alla loro ambizione ESG.
- Direttiva CSRD (Corporate Sustainability Reporting Directive), che amplia il perimetro delle aziende obbligate alla rendicontazione di sostenibilità, introducendo il principio della doppia materialità (analisi dei rischi esterni e degli impatti interni).
Tutte queste norme mirano a contrastare la sfiducia nei confronti dei fondi ESG e a limitare il greenwashing.
Le contraddizioni del greenwashing
Il greenwashing consiste nel presentare in modo ingannevole o esagerato le credenziali ambientali o sociali di un prodotto o azienda, nascondendo impatti negativi.
Un esempio classico: un’azienda che investe in campagne di riforestazione ma continua a inquinare pesantemente la propria filiera produttiva.
Poiché questo fenomeno mina la fiducia dei consumatori e degli investitori, viene punito con severità crescente.
In Italia, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) ha già sanzionato società che hanno costruito un’immagine “green” senza adeguata trasparenza.
Le conseguenze sono rilevanti: perdite reputazionali, multe economiche e possibili danni finanziari legati alla diminuzione del valore dei titoli in Borsa.
Per questo, la CONSOB, insieme all’Università di Trento, sta sperimentando l’uso dell’Intelligenza Artificiale (IA) per individuare dichiarazioni ambientali infondate, rafforzando così la fiducia nel mercato.
Le difficoltà della transizione e cosa succede se ignoriamo l’ESG
Se da un lato incontriamo una sensibilità sempre più concreta verso il contrasto al greenwashing, d’altra parte l’adozione completa dell’ESG rappresenta ancora una sfida per le aziende italiane, soprattutto per le PMI che rappresentano l’ossatura della nostra economia.
Esistono, infatti, ancora molti ostacoli per un’adozione completa e consapevole di questo nuovo approccio finanziario. Lo dimostrano:
- i costi di transizione elevati per la riconversione verso pratiche sostenibili;
- la mancanza di competenze e dati, che rende difficile per molte aziende raccogliere dati ESG solidi, accurati e verificabili.
Un altro fattore critico è la difficoltà di misurazione del ROI, ovvero del Ritorno sull’Investimento. Un terzo delle aziende italiane dichiara di non riuscire a calcolarlo e di trovarsi in difficoltà nel giustificarne la spesa a lungo termine.
Tuttavia, il rischio più grande per le aziende che ignorano l’ESG è la perdita di competitività e l’esclusione dal capitale. Il capitale è sempre più orientato verso asset sostenibili e le imprese non conformi rischiano di vedersi negare l’accesso a finanziamenti, o di doverli ottenere a tassi più elevati.
ESG nel quotidiano: non solo investimenti, ma anche scelte di vita
Caratteristica fondamentale del concetto di ESG è che la sua logica si debba estendere a ogni scelta di consumo e quindi modellare anche la vita dei cittadini.
La scelta di acquistare energia da fonti rinnovabili, scegliere i prodotti di aziende che garantiscono condizioni di lavoro eque nella loro filiera, oppure dare fiducia a un’istituzione trasparente nella gestione e nella comunicazione, rappresentano tutte scelte orientate dai principi ESG.
Il consumatore e il cittadino, con il proprio potere d’acquisto e di opinione, sono i catalizzatori finali di questa transizione.
La coerenza tra le scelte di investimento e quelle di consumo amplifica l’impatto, spingendo le aziende a trasformare la sostenibilità da mero claim di marketing a vera strategia di creazione di valore per tutti gli stakeholder e per il pianeta.
Nonostante le criticità e le zone grigie ancora da chiarire, la finanza sostenibile è quindi l’unica strada per affrontare le sfide ambientali e sociali del nostro tempo. Solo integrando i criteri ESG nelle decisioni economiche e finanziarie sarà possibile costruire un’economia più solida, inclusiva e resiliente, capace di rispondere a trasformazioni sempre più complesse.