Tendercapital Market View - The Urgent Need for Intervention

Un focolaio di polmonite nel Sud-Est della Cina si è in poche settimane trasformato in una pandemia globale con potenziali ripercussioni di lungo periodo nello stile di vita degli individui. Il dovere morale mostrato dalla classe politica per sostenere la “prima linea” – shutdown, social distancing –  rischia di mettere a nudo le debolezze del modello economico-sociale basato su globalizzazione, urbanizzazione ed individualismo. Infatti, la diffusione del virus è stata favorita dalla portata degli spostamenti di merci e persone che contraddistinguono la società contemporanea ed ha rapidamente messo in ginocchio la sanità e le economie di Cina, Europa e Stati Uniti. Seppur con ritardo ed iniziali divergenze di pensiero e di azione, la controffensiva delle comunità per isolare il virus ed alleviare le pressioni sui sistemi sanitari, altrimenti destinati al collasso, si è scontrata con una realtà economica incapace di sostenere una temporanea sospensione delle attività.

L’emergenza in atto e le scelte politiche che ne sono conseguite stanno causando effetti negativi su crescita economica, occupazione ed indebitamento a livello globale. Le Banche Centrali hanno quindi offerto liquidità illimitata al sistema finanziario e creditizio. L’esperienza della Grande Crisi Finanziaria (2008/09) ed il credit crunch che ne è conseguito hanno portato le Banche Centrali ad una risposta immediata, anche con strumenti non convenzionali.

Infatti l’intervento negli US è stato caratterizzato da un’azione congiunta di politica monetaria e fiscale, esemplificato da un pacchetto di misure ad ampio raggio concepito dalla FED che spaziano dagli acquisti di ETF al Main Street Lending Program, un pacchetto di prestiti specificatamente rivolto a piccole-medie imprese. Come chiaramente espresso da Robert Kaplan, presidente della FED di Dallas, “act fast, act big” è l’obiettivo principale per uscire da una recessione auto-imposta che, secondo le stime, porterà in USA la disoccupazione al 15% ed un calo del GDP nell’ordine del 20% nel secondo trimestre.

 

Cosa resta per l’Europa?

Tuttora, i capi di stato europei sono profondamente divisi sugli strumenti collettivi da mettere in campo per far fronte all’emergenza economica.

In Europa i limiti di un progetto di Unione, rimasto a tratti irrisolto, sono nuovamente emersi quando all’intervento della BCE ha fatto seguito un piano fiscale prettamente individuale in stile “helicopter money” che ha ulteriormente ampliato la disomogeneità in materia di bilanci pubblici.

Lo stesso intervento della Banca Centrale è poi stato limitato ad un ingente aumento degli acquisti sul mercato secondario (QE) con il chiaro intento di facilitare il ricorso dei singoli stati a soluzioni di mercato per finanziare la spesa pubblica. Tuttora, i capi di stato europei sono profondamente divisi sugli strumenti collettivi da mettere in campo per far fronte all’emergenza economica e logiche individualistiche confermano un’impreparazione nell’affrontare fasi di crisi.

Lo spazio per iniziative convenzionali monetarie – attraverso la riduzione dei tassi – è limitato e non sufficiente per una risposta significativa. I tassi nominali a breve e lungo termine sono in territorio negativo – prossimi allo zero ed al loro Effective Lower Bound (ELB)(1) – limitando lo spazio e l’efficacia di un’ulteriore discesa. Ci troviamo in quella che viene definita una liquidity trap(2). Inoltre cambiamenti strutturali del sistema hanno determinato un progressivo abbassamento del “neutral interest rate”, il tasso ipotetico che nè stimola nè rallenta l’economia, e ridotto la sua distanza dall’ELB, di fatto rendendo obsoleti gli strumenti monetari convenzionali.

Tuttavia, la  politica fiscale può essere una leva importante, soprattutto in un contesto di tassi zero, ma riteniamo improbabile che possa essere efficace se utilizzata individualmente. Tendenzialmente le politiche fiscali sono poco agili e caratterizzate da un notevole lag temporale degli effetti positivi. Inoltre, se condotte dai singoli stati rischiano di generare significativi rischi di solvibilità e percezione del rischio (i.e. aumento dei tassi) rendendo vano ogni stimolo. Ne è un esempio l’helicopter money, già adottato da alcuni Stati, e per il quale nutriamo un parere negativo per le criticità esposte.

Auspichiamo azioni non convenzionali che mettano in cooperazione politica monetaria e fiscale in quello che viene definito “going direct”, una soluzione in cui la Banca Centrale sostiene direttamente la parte pubblica e privata. La Banca Centrale agirebbe da garante attraverso l’erogazione di fondi direttamente a governi e società all’interno di un programma d’azione che abbia l’obiettivo di uno specifico target di inflazione in un chiaro orizzonte temporale.

Sussistono però dei rischi nel modello “going direct” presentato. Il moral hazard(3) delle singole società e la forza della “Central Bank put”(4) nelle scelte degli investitori aumenterebbe il livello di propensione al rischio del sistema. Da un confronto storico, è poi necessario prendere in considerazione anche il rischio di inflazione nonostante si parli di azioni dirette al soccorso e non allo stimolo dell’economia. Malgrado ciò, tale modello risulterebbe una soluzione preferibile rispetto agli Eurobond che potrebbero invogliare al free riding(5)  da parte dei singoli Stati Membri così come paventato dai Paesi del Nord.

“Speed is absolutely essential for effectiveness” sono le parole di Mario Draghi nella sua lettera al FT, e non potremmo essere più d’accordo per evitare che una crisi di cui nessuno è responsabile si trasformi in una lunga depressione delle economie sviluppate. È infatti  compito delle istituzioni trasferire il rischio dal privato al pubblico in tali circostanze. I rischi ed i costi associati ad una mancata risposta sono nettamente superiori rispetto ad un intervento connotato da strumenti innovativi e non convenzionali.

 

Cosa aspettarsi dai mercati finanziari?

La difficoltà nell’individuare l’orizzonte temporale e la portata della crisi economico-sanitaria suggeriscono un atteggiamento prudente sui mercati finanziari.

I potenziali cambiamenti strutturali di lungo periodo nelle abitudini degli individui e la necessità di adattamento dell’offerta potrebbero portare nel corso del prossimo triennio ad una fase di aumento dei tassi di insolvenza societari con l’effetto di un potenziale repricing del premio al rischio sul mercato obbligazionario. A tal proposito, la flessibilità finanziaria e la capacità di adattamento delle aziende potrebbe rappresentare un elemento chiave nell’individuazione delle scelte di investimento.

Al contempo, l’eventuale realizzazione di politiche monetarie-fiscali innovative proporrebbe l’«auspicabile» rischio di dinamiche inflazionistiche. Nel contesto attuale di tassi nominali prossimi allo zero, la difesa dei patrimoni dalla potenziale perdita di potere di acquisto porta a riconsiderare l’importanza di strumenti adatti a tale fine. A tal proposito, la mancanza di term-premium sulla curva dei tassi lascia preferire un profilo di duration medio-bassa.

Nel comparto azionario europeo, l’equity risk premium (ERP) ha evidenziato una tendenza all’aumento sin dalla crisi del 2008 senza mai tornare sui livelli precedenti, segnalando una certa riluttanza ed avversione al rischio tra gli operatori finanziari. La crisi attuale e l’assenza di una risposta condivisa rischiano di assestare l’ERP su livelli ancora maggiori a causa di una spiccata percezione del rischio. Maggiore è l’ERP, minore è la valutazione del mercato. In altri termini, a parità di altre condizioni (e per un dato livello di utile aziendale) le valutazioni del mercato potrebbero risultare inferiori ai livelli pre Covid-19 anche una volta risolta l’emergenza sanitaria. Tuttavia, il persistere dei tassi a zero rimane un fattore di sostegno soprattutto per la componente “growth” del mercato e, anche in un possibile scenario inflazionistico, l’equity si profila come una protezione migliore rispetto ad altre asset class.

In conclusione, preferiamo mantenere un atteggiamento prudente sui mercati finanziari. La difficoltà nell’individuare l’orizzonte temporale e la portata della crisi economico-sanitaria, con rischi di cambiamenti strutturali che interesseranno sia la domanda che l’offerta, portano a definire un contesto di mercato in cui i rischi paiono complessivamente superiori alle opportunità.

 

Paolo Geuna, Head of Fixed Income Desk
Andrea Rossetti, Head of Equity Desk