SVIMEZ 2017: il Mezzogiorno è pronto ad agganciare il Centro-Nord

Presentato lo scorso 7 novembre alla Camera dei Deputati, il rapporto SVIMEZ 2017 (acronimo per Associazione per lo SVIluppo dell’industria nel MEZzogiorno) annuncia segnali positivi per la crescita del Sud Italia. Le previsioni per il 2017 e il 2018 esposte dal Professor Adriano Giannola, Presidente di SVIMEZ e Advisory Committee Member di Tendercapital, confermano che «il Mezzogiorno è in grado di agganciare la ripresa, facendo segnare tassi di crescita di poco inferiori a quelli del Centro-Nord». Come detto, tuttavia, le sfide da affrontare per superare definitivamente la crisi sono ancora molte. Vediamo in sintesi i punti principali dell’analisi.

Il Mezzogiorno cresce più del Centro-Nord per il secondo anno consecutivo
Nel 2016 il PIL (a prezzi concatenati) è aumentato nel Mezzogiorno dell’1%, un valore pressoché analogo a quello del 2015 (1,1%). L’incremento è stato superiore di 0,2 punti a quello rilevato nel resto del Paese (0,8%), mentre l’anno precedente il divario a favore del Mezzogiorno era stato doppio (0,4%). Tale dinamica ha beneficiato di alcuni fattori sia dal lato dell’offerta che della domanda, tra cui il recupero del settore manifatturiero e il consolidamento della ripresa nel settore edile, determinato dalla chiusura della programmazione dei Fondi strutturali europei 2007-2013 e il calo delle importazioni nette a prezzi correnti per il Mezzogiorno a fronte di un aumento delle esportazioni verso l’estero (-2,5% contro +1%).

La domanda interna sostiene la crescita
Il trend di crescita del prodotto nel Mezzogiorno è sostenuto dall’aumento sia dei consumi che degli investimenti: nel 2016 entrambe le voci hanno mostrato, come già nel 2015, un incremento positivo, dopo ben sette anni di flessioni consecutive. I consumi finali interni nel 2016 sono cresciuti nel Sud dell’1%, in aumento rispetto all’anno precedente (0,6%). In particolare, i consumi delle famiglie sono aumentati nel 2016 nel Mezzogiorno dell’1,2%, lo stesso valore del 2015, poco più che nel resto del Paese (1,4% rispetto +1,9% del 2015), nonostante permanga nel comportamento di acquisto delle famiglie un senso di incertezza e difficoltà sulle capacità di spesa future. Nel periodo 2008-2016 il calo cumulato dei consumi delle famiglie è stato al Sud pari al -11%, molto più elevato di quello, pur rilevante, avutosi nel resto del Paese (-2%). Il miglioramento del clima di fiducia degli imprenditori e le favorevoli condizioni sul mercato del credito, unito alle aspettative positive sulla domanda interna, hanno sospinto gli investimenti anche nel Mezzogiorno, che sono cresciuti del 2,9%, più che confermando l’aumento del 2015 (2,0%). L’incremento è stato simile a quello del Centro-Nord, dove il calo era stato nel tempo inferiore. Nel periodo 2008-2016 gli investimenti fissi lordi sono diminuiti cumulativamente nel Mezzogiorno del -34,9%, circa 12 punti in più che nel resto del Paese (-23,4%).

Andamenti diversi a seconda dei settori
Il 2016 si è caratterizzato per andamenti settoriali non omogenei, un comportamento tipico di una fase di ripresa ciclica. Anche prendendo in considerazione la somma dei valori aggiunti settoriali, e non il PIL, la crescita è stata superiore al Sud (0,8%) rispetto al resto del Paese (0,6%): tale differenza positiva rimane negli andamenti di tutti i settori, tranne che per l’agricoltura (-4,5% dopo il +7,5% registrato nel 2015) e i servizi finanziari. Per quanto concerne l’industria, nel 2016 il prodotto del Mezzogiorno è ulteriormente cresciuto, con un incremento (2,2%), superiore a quello dell’anno precedente (1,3%, mentre nel resto del Paese l’aumento è stato minore, +0,8% e in rallentamento rispetto al 2015, +1,7%), che seguiva tre anni ininterrotti di flessioni. Un aumento è stato registrato anche nel settore delle costruzioni, ma solo nel Mezzogiorno. La crescita del 2016 ha riguardato anche i servizi, sebbene in misura generalmente inferiore.

Produttività
Uno degli effetti negativi della crisi è l’ampliamento dei divari di competitività tra aree forti e aree deboli del Paese, a svantaggio di quest’ultime. La lunga congiuntura negativa, la riduzione delle risorse per infrastrutture pubbliche produttive e la caduta della domanda interna sono fattori che hanno contribuito a indebolire l’apparato economico delle regioni del Mezzogiorno. Una prova di questo proviene dall’analisi dei differenziali di produttività, espressi in termini di produttività del lavoro, che può essere considerata un’approssimazione del livello di competitività dell’area.

Forte disomogeneità regionale e rischio povertà
Il divario di sviluppo tra le regioni del Nord e del Sud del Paese, misurato in termini di prodotto pro capite, dopo l’inevitabile allargamento intervenuto nel periodo di recessione segna nell’ultimo biennio un’apprezzabile riduzione, particolarmente evidente per l’Abruzzo, il Molise, la Campania e la Basilicata. Permangono però forti livelli di disuguaglianza: nel 2016 il PIL per abitante della regione più ricca d’Italia, il Trentino Alto Adige, con i suoi 38.745 euro pro capite è più che doppio di quello della regione più povera, la Calabria, il cui PIL pro capite è di solo 16.848 euro. Rimane quindi pericoloso il dato sulla povertà, «sui livelli più alti di sempre e il livello di disuguaglianza interno all’area [che]deprime la ripresa dei consumi». Il report indica nelle politiche di austerità la causa del deterioramento della capacità del welfare pubblico di controbilanciare le crescenti disuguaglianze indotte dal mercato, in presenza di un welfare privato del tutto insufficiente al Sud. Il rischio povertà si attesta al 34,1% nel Sud, coinvolgendo un cittadino del Meridione su tre. In tutte le regioni meridionali, inoltre, il valore risulta superiore sia rispetto al dato nazionale (19,0%) sia rispetto a quello del Centro-Nord (11,0%). Nelle regioni più popolate, Sicilia e Campania, il rischio di povertà arriva a sfiorare il 40%.

Previsioni per il 2017 e il 2018
Dalle stime indicate dal report, aggiornate a ottobre di quest’anno, emerge infatti che nel 2017 «il Pil italiano cresce dell’1,5%, risultato del +1,6% del Centro-Nord e del +1,3% del Sud». Nel 2018 – continua il Rapporto – il tasso di crescita del Pil nazionale si attesterà «all’1,4% con una variazione territoriale dell’1,4% nel Centro-Nord e dell’1,2% al Sud». A trascinare l’evoluzione positiva del Pil nel 2017 e nel 2018 secondo SVIMEZ sarà l’andamento della domanda interna, «che al Sud registrerà, rispettivamente, +1,5% e +1,4% (nel Centro-Nord, invece, aumenta quest’anno del +1,6% e il prossimo del +1,3%)». Per il 2018 SVIMEZ prevede un significativo aumento delle esportazioni e degli investimenti totali, «che cresceranno più nel Mezzogiorno che al Centro-Nord: le esportazioni del +5,4% rispetto a +4,3%, gli investimenti del 3,1% rispetto a +2,7%».