Pioggia artificiale: è Made in China il più grande piano di sempre

Seminare particelle microscopiche nella nostra atmosfera per indurre la formazione di nubi pronte a riversare pioggia al suolo, su quasi due milioni di chilometri quadrati. È il colossale progetto della Cina per “telecomandare” il meteo della regione tibetana nel tentativo di garantire il rifornimento d’acqua in molte sue regioni. Già, l’acqua, perché il problema di cui queste zone soffrono è la siccità, una vera piaga per i contadini.

 

Seminare particelle, raccogliere pioggia

Tecniche di questo tipo, finalizzate ad alterare l’entità delle precipitazioni attraverso la dispersione di sostanze chimiche che fungano da “nuclei” di condensazione, sono definite cloud seeding, in italiano inseminazione delle nuvole.

Il punto di partenza è schierare una rete di strutture, proprietà della China Aerospace Science and Technology Corporation, sui ripidi versanti delle montagne tibetane. Simili a delle fucine, brucerebbero combustibili solidi per poi rilasciarli in forma di spray nell’atmosfera. In particolare, durante il processo, si formerebbero minuscole particelle di ioduro d’argento che, una volta preso il volo, per loro natura sono in grado di richiamare a sé le goccioline del vapore acqueo naturalmente presenti in atmosfera e fungono da incentivo per farlo condensare. E, di conseguenza, precipitare a terra con un bello scroscio di pioggia.

 

Il cloud seeding finora

Non è la prima volta che se ne parla. Il cloud seeding ha fatto la sua prima comparsa negli anni ’50 negli Usa, con alcuni studi basati su micro particelle di ioduro d’argento oppure di ghiaccio secco per provare a stimolare delle piccole nevicate.

Da allora sono documentati altri esperimenti, basati sull’emissione da terra ma soprattutto attraverso le scie degli aerei, nel tentativo di raccogliere risultati e dati scientifici sulla possibilità o meno di rendere questa tecnica utilizzabile su larga scala. Anche se alcuni, in realtà, hanno fatto germinare strampalate teorie del complotto.
I sistemi più moderni si basano oggi anche su particelle di magnesio, cloruro di sodio (il comune sale da cucina) e di potassio, e nel Mondo sono più di 50 i paesi dove si conducono nuovi test e pratiche in piccola scala.

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Il caso della Cina

Neanche per la Cina si tratta di una novità e anzi, si tratta dello stato più attivo sul fronte. Già nel 2011, infatti, dedicava dieci volte più fondi degli Stati Uniti nel settore. Appena cinque anni fa, sosteneva di generare 55 miliardi di tonnellate di pioggia artificiale all’anno grazie a sistemi di rilascio su velivoli e razzi. Oggi il suo piano è moltiplicare per cinque quella cifra, e servirsi appunto anche di impianti stabili a terra.

Le previsioni parlano di coprire oltre un milione e mezzo di chilometri quadrati di terra (tre volte la Spagna, per intenderci) attraverso 500 e più camini distribuiti tra Tibet, Xinjiang e altre zone montuose. L’incremento di precipitazioni in vetta, distribuite tra pioggia e neve, secondo i ricercatori impegnati nell’opera sarà sufficiente a rinvigorire i corsi d’acqua che scorrono attraverso la Cina, ma anche l’India e il Nepal, e renderà queste aree meno esposte al problema dell’aridità e più vitali.

 

Un po’ di analisi

Il piano, innegabilmente ambizioso, ha però generato molte perplessità.

Da un lato c’è chi è molto scettico sull’efficacia di questi processi. Non sono molte di fatto le evidenze accumulate nel tempo sul reale funzionamento dei vari approcci di “semina”.

Molti dei test condotti su questo fronte in tutto il mondo sono stati condotti esclusivamente in laboratorio, il che non è una garanzia di successo nel passaggio alle situazioni reali. Riuscire a replicare i processi in maniera costante, controllandone tutti i parametri, nel caso della meteorologia è davvero difficile.

C’è chi critica invece il progetto per il suo “voler giocare a fare Dio”. Anche se di riflesso la risposta di molti scienziati è che intaccare il meteo non è certo una novità per l’essere umano: lo facciamo con le attività industriali, i trasporti, così come facciamo sentire la nostra presenza alla natura utilizzando fertilizzanti o alterando la rotta dei corsi d’acqua.

La scelta della Cina, insomma, è e sarà ancora argomento di dibattito.