Ribaltare i punti di vista e stravolgere le abitudini. Michael O’Leary fa questo da 25 anni, da quando cioè è CEO di Ryanair, e non ha paura di ammettere la sua originalità rispetto al comune modo di intendere il business. “Si dice che il cliente abbia sempre ragione – ha dichiarato una volta, – ma sapete una cosa? Non è così. Qualche volta hanno torto e hanno bisogno che qualcuno glielo dica”.
Da edicolante a imprenditore
Irlandese di Kanturk, un centro a sud-ovest di Dublino, è il secondo dei sei figli di un imprenditore e di una casalinga. Non eccelle negli studi, ma riesce a laurearsi in economia al prestigioso Trinity College. Sin da ragazzo ha imparato a gestire bene le paghette familiari e a mettere da parte qualcosa facendo lavoretti saltuari come quello di barista nel bar dello zio.
Anche il suo battesimo lavorativo nel mondo degli affari, all’inizio degli anni Ottanta, è abbastanza in sordina e ordinario. Fa il contabile di una grande azienda, ma in questo grigio contesto ha l’occasione di conoscere Tony Ryan, un uomo d’affari a capo della GPA (Guinness Peat Aviation) nel business dei leasing degli aerei per le compagnie di bandiera. Si fa notare da lui con pochi e mirati consigli per risparmiare sulle tasse, ma per il momento le loro strade non si uniscono.
O’Leary si licenzia e decide di mettersi in proprio, con un’attività non legata alla contabilità – un’edicola – ma con la quale lui racconta di aver appreso tanto: “Aprivo alle 7 di mattina e chiudevo alle 11 di sera: così ho imparato come si gestisce un’impresa”. E i numeri gli danno ragione: 250mila euro di incasso in soli tre anni.
Forte di questa esperienza, ha il coraggio di tornare da Ryan che nel frattempo ha aperto una compagnia aerea concorrente a quella di bandiera irlandese. Non vuole nemmeno avere uno stipendio pur di lavorare con lui. Chiede solo il 5% degli introiti annuali incassati attraverso il suo lavoro. Come primo incarico deve risolvere un enigma non facile: i passeggeri crescono ma l’azienda continua a perdere soldi.
I libri contabili presto danno qualche risposta: ci sono costi sproporzionati nel marketing come nelle polizze assicurative, negli stipendi dei piloti come nelle forniture del carburante. La mannaia di O’Leary cade implacabile su ogni sterlina spesa male e continua a mietere vittime anche quando, nel 1991, diventa direttore finanziario. Con questa nuova qualifica riesce a rinegoziare l’accordo sulla sua remunerazione: prenderà il 25% dei guadagni se la compagnia riuscirà a superare i 2,5 milioni di fatturato.
Una compagnia aerea differente
Va negli Stati Uniti a studiare il modello Southwest Airlines, una compagnia a basso costo che atterra in scali secondari e lascia gli aerei fermi a terra solo per 30 minuti, un terzo della pausa rifornimento degli altri vettori.
Impressionato da quanto ha visto in America, torna in Irlanda e rivoluziona le regole di volo di Ryanair: per risparmiare sulle tasse di atterraggio tratta con gli aeroporti regionali; per rendere il check-in il più veloce possibile abolisce il posto assegnato dei passeggeri e fa pagare il bagaglio (sia a mano sia in stiva); per vendere di più consente la prenotazione anche il giorno prima del viaggio; per fare utili nonostante i prezzi bassissimi dei ticket, infine, stipula convenzioni con agenzie per il gioco online o lo shopping, per il noleggio auto o le prenotazioni di hotel. Il tutto mentre l’Europa scegli la via della deregulation tariffaria.
Da compagnia di trasporto specializzata nei viaggi tra Irlanda e Regno Unito, Ryanair diventa una realtà di respiro continentale. Nonostante le multe, il braccio di ferro con i piloti per turni esagerati e salari bassi, le critiche dei passeggeri sottoposti a vincoli sempre più stringenti, i numeri non sempre generosi, Mr. Ryanair ha cambiato il modo di viaggiare di milioni di europei: i comfort sono senza dubbio diminuiti, ma l’attitudine a muoversi e scoprire luoghi nuovi è diventata patrimonio condiviso.