Compositori informatici, opere d’arte realizzate da software, bot che scrivono musica pop, scuole per imparare a scrivere “poesie computazionali”. I robot forse non sostituiranno l’uomo, ma certamente potranno aiutarlo e affiancarlo, anche nella produzione artistica. Intelligenza artificiale e machine learning sono alla base di questa rivoluzione artistica, abbracciata non solo da noti artisti-sviluppatori indipendenti come Darius Kazemi, ma anche da aziende come Google, che ha lanciato due iniziative dedicate alle applicazioni creative dell’AI e istituzioni, come la newyorkese The School for Poetic Computation, che promuovono da tempo programmi formativi su questi temi.
I suoni artificiali di Google
Magenta è il progetto di Google Brain che usa il machine learning per creare musica e arte. L’iniziativa mette in rete una comunità di artisti, sviluppatori e ricercatori che stanno condividendo metodologie e approcci innovativi alla creazione artistica. Uno dei primi esperimenti ha portato alla creazione di AI. Duet, un pianoforte computerizzato che reagisce agli input sonori immessi da un essere umano.
Uno degli elementi più interessanti di Magenta si chiama Nsynth, una creazione che permette all’intelligenza artificiale di produrre delle sonorità inedite utilizzando degli algoritmi matematici. Nsynth è in grado di partire da suoni semplici come quelli di flauto, organo, violino o xilofono, e combinarli realizzando degli effetti acustici nuovi, generando strumenti che non esistono.
La scuola di poetica computazionale
Fondata nel 2013 a New York per esplorare le intersezioni tra design, codice, hardware e teoria, The School for Poetic Computation è un progetto che comprende scuola, residenza per artisti e gruppo di ricerca sulla produzione poetica attraverso bot e unione di umani e macchine.
I bot d’artista
L’artista Darius Kazemi è convinto che l’intelligenza artificiale non richieda per forza grandi investimenti finanziari. Online Kazemi ha creato decine di bot: Two Headlines prende due titoli e li mixa in maniera divertente; Museum Bot twitta quattro volte al giorno un’immagine in alta risoluzione estrapolata dall’archivio open access del Metropolitan Museum of Art; Very Old Tweets va a pescare messaggi dalla preistoria di Twitter, quando gli utenti ancora lo usavano per dire cosa stavano facendo.
Il software che sfida Picasso
C’è poi un software di Intelligenza artificiale capace di creare splendidi dipinti originali. L’algoritmo noto come Gan (rete generativa avversaria) consiste in due reti neurali che interagiscono tra loro. Una crea, l’altra la giudica e l’algoritmo va avanti fino al raggiungimento del risultato desiderato. L’AI è addestrata su 81.500 dipinti per capire la differenza tra quelle che l’uomo considera opere d’arte e quelle che sono solo immagini, ma le viene insegnato anche a riconoscere diversi stili, come cubismo, rococò, astrattismo.