Lo scorso luglio la Commissione Ue ha sanzionato Google con una maxi multa del valore di 4,3 miliardi di euro. il motivo? Il gigante di Mountain View è accusato di aver abusato della posizione dominante del suo sistema operativo Android. Già l’anno scorso l’Unione europea inflisse a Google una multa di 2,4 miliardi di euro per aver favorito il suo servizio di comparazione di prezzi Google Shopping a scapito degli altri concorrenti. Android è nel mirino di Bruxelles dal 2015. Dopo un anno di indagini, nel 2016, Google fu accusata formalmente di aver obbligato i produttori di smartphone, come Samsung o Huawei, a pre-installare Google Search e ad impostarlo come app di ricerca predefinita o esclusiva. Con questo schema, l’azienda si assicurava di essere presente sulla maggioranza dei dispositivi venduti in Europa, visto che l’80% utilizza Android. Per la Commissione, Google ha attuato una strategia sugli apparecchi mobili per conservare e rafforzare il suo dominio nel campo delle ricerche internet, violando le regole Ue sulla concorrenza.
La risposta di Google
La risposta di Google è stata lapidaria: “Android ha creato più scelta per tutti. In più è gratuito – commentano dall’azienda. – Per i produttori, avere a disposizione Android significa non dover comprare o sviluppare costosi sistemi operativi mobili. Il risultato? Gli smartphone oggi sono accessibili a prezzi notevolmente più bassi, a partire da soli 45 euro, e sono diventati molto più accessibili per molte più persone. Oggi ci sono oltre 24mila dispositivi, di oltre 1300 marchi, che utilizzano Android e gli sviluppatori europei hanno la possibilità di distribuire le proprie app a più di un miliardo di persone in tutto il mondo. Android non è una strada a senso unico, è piuttosto un’autostrada con più corsie tra cui scegliere. Faremo appello contro la decisione della Commissione”.
La multa a Facebook
Nel frattempo, l’11 luglio, anche Facebook viene sanzionata. Scatta la prima multa per omesso controllo sul caso di Cambridge Analytica, la società di consulenza, poi fallita, accusata di aver raccolto a scopi di propaganda politica i dati di 87 milioni di utenti di decine di Paesi del social network americano fondato da Mark Zuckerberg. Ad annunciarla è stata l’autorità britannica per la privacy e la protezione dei dati personali (Information Commissioner’s Office) per un ammontare di circa 500mila sterline (oltre 565mila euro). Facebook – multata per altre ragioni nel 2017 dall’Ue per oltre 90 milioni – è accusata dall’authority britannica di non aver vigilato sull’effettiva cancellazione dei dati che aveva permesso a Cambridge Analytica di raccogliere.
Le altre multe
Ma le maxi multe a Google e Facebook non sono le sole imposte dall’antitrust europeo, che sembra far cassa grazie agli errori delle società tecnologiche. Quattro aziende dell’elettronica di consumo – Philips, Asus, Pioneer e Denon & Marantz – sono state multate della Commissione europea per un totale di 111,2 milioni di euro per aver imposto ai rivenditori online quali prezzi praticare per la vendita dei loro prodotti. La sanzione dell’Antitrust Ue arriva dopo un’indagine settoriale di 17 mesi sul commercio elettronico che ha identificato “le pratiche commerciali suscettibili di limitare la concorrenza”. Secondo l’Antitrust Ue, Philips, Asus, Pioneer e Denon & Marantz hanno ristretto la capacità dei negozi online di fissare autonomamente i prezzi dei loro prodotti, tra cui notebook e elettrodomestici. Pioneer ha anche limitato, ha rilevato l’indagine Ue, la capacità dei rivenditori di vendere da un paese all’altro: l’azienda ha adottato pratiche illegali in 12 paesi Ue, mentre le altre aziende multate lo hanno fatto, secondo l’Antitrust, solo in uno o due paesi. “Come conseguenza di queste pratiche illegali, per milioni di europei i prezzi di molti prodotti di elettronica di consumo sono stati molto più alti”, ha dichiarato il commissario Ue alla concorrenza Margrethe Vestager. Asus è stata multata per 63,5 milioni di euro, Philips per 29,8 milioni, Pioneer per 10,2 milioni e Denon & Marantz per 7,7 milioni.