La pandemia e la lenta uscita della crisi sanitaria globale avevano stravolto i mercati, lasciando una scia di grande incertezza nelle catene di approvvigionamento. Fra i settori in crisi c’erano quello dei microchip e della componentistica che avevano reso vulnerabili quegli Stati che, non avendo produzioni interne consolidate, dovevano necessariamente rivolgersi all’esterno per non interrompere catene industriali ed economiche fondamentali. A distanza di un anno quella carenza strutturale iniziale, è stata invertita. Il 2023 è diventato l’anno del surplus.

CHIPS ACT EUROPEO

Negli ultimi anni, precisamente dal 2021 in poi, il mercato dei semiconduttori e dei microchip ha conosciuto una notevolissima espansione, favorita proprio dalla necessità dell’Europa e di altri Stati di diventare indipendenti nella produzione e dalla domanda crescente di approvvigionamento. Le stime recenti infatti, ci parlano di ricavi del settore nel 2021 pari a circa 600 miliardi di dollari con proiezioni a dieci anni che indicano una crescita dell’8% annuo che raggiungerà ricavi pari a 1.000 miliardi di dollari nel 2030. In questo quadro l’approvazione da parte della Commissione Europea del Chip Act è stata decisiva. Il testo approvato ha voluto creare una rete di centri di competenza per affrontare la carenza di lavoratori specializzati e attrarre nuovi talenti nella ricerca, nella progettazione e nella produzione. In più la finalità dell’Ue è stata quella di ridurre le vulnerabilità e le dipendenze dell’Europa da attori stranieri (Stati Uniti, Cina, India, Taiwan, Corea), migliorare la sicurezza dell’approvvigionamento, la resilienza e la sovranità tecnologica nel settore dei chip. La sfida dell’Europa stando ai dati disponibili ci dice che questo gap, almeno in parte, è stato colmato.

SURPLUS MA NON IN TUTTI I SETTORI

Gli esperti del settore ci dicono che ciò che dallo scorso autunno si è cominciato ad osservare è un surplus produttivo rispetto alla domanda in alcuni settori industriali e relativamente ad alcune tipologie tecniche, mentre in altri settori il mercato continua a essere sottofornito. Per esempio nel settore automobilistico, che solitamente utilizza microchip la cui tecnologia è già abbastanza matura, si prevede una continuazione dell’attuale carenza di semiconduttori. Dove invece il gap è stato colmato sono i chip di memoria, quelli che maggiormente interessano le produzioni di tablet, smartphone e computer. Un’inversione tracciata principalmente dalla pandemia che ha modificato gli stili di vita aumentando la richiesta di apparecchi elettronici. Se da un lato dunque si assiste ad una sostanziale indipendenza produttiva con riferimento ad un preciso campo di sviluppo, non si può dire lo stesso per altri settori industriali dove la dipendenza da Paesi Terzi è ancora molto forte.

PROIEZIONI DEL MERCATO

Il futuro si giocherà in Europa. Colmare le distanze con colossi economici e industriali come Stati Uniti e Cina è pressoché impossibile per cui le “armi” europee per costruire un mercato unico e indipendente che possa rendere realmente autonomi gli Stati membri saranno la forza e la capacità dell’Europa di dotarsi di strumenti condivisi e raggiungibili. L’obiettivo dichiarato dal presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen è di arrivare entro il 2030 al 20% della produzione di microchip interna. Si tratta di un obiettivo ambizioso che dovrà essere raggiunto per evitare di vivere situazioni analoghe al 2021 dove la crisi da microchip ha rallentato gran parte dei mercati industriali europei con gravi squilibri interni favorendo industrie estere. Le politiche europee dei prossimi anni saranno, da un lato, volte a favorire la crescita produttiva e, dall’altro, a difendere i mercati tecnologici interni che hanno già colmato i gap, rientrando di fatto sul mercato dei microchip da protagonisti.