Alla luce dei recenti accordi di Parigi questa strategia acquisisce ulteriore rilevanza. Politiche soprattutto in campo fiscale mirate alla riduzione delle emissioni e al miglioramento della mobilità dei cittadini possono essere in grado di sostenere una crescita del PIL di lunga durata che per i paesi del G20 dovrebbe oscillare tra il 2% e il 3% da qui al 2050. Queste stime non includono il costo potenziale legato ai danni economici causati da fenomeni naturali di vario tipo che in assenza dell’implementazione di serie politiche “green” avrebbe una frequenza e un impatto in continua crescita.
La crescita economica, prodotta da una transizione “decisiva” a supporto di investimenti che puntano a tassi di crescita elevati e riduzione delle emissioni, avrebbe nel breve termine un impatto negativo, in quanto dovrebbe essere finanziata in deficit, ma, nel medio termine, prevarrebbe un impatto positivo sulla riduzione del debito pubblico dei paesi del G20, con stime che si aggirano intorno a un calo del 5%-7% in cinque anni, per arrivare, nel lungo periodo, entro il 2040, a un calo fino al 20%. È tuttavia importante sottolineare che tali dati si fondano su assunzioni forti e pertanto sono puramente indicativi e soggetti al framework istituzionale e regolatore dei singoli paesi.
GRAFICO: Impatto del definitivo passaggio alla decarbonizzazione sul rapporto debito/PIL (elaborazione di dati OECD)
Anche sotto il punto di vista occupazionale tale politica economica produrrebbe un effetto benefico, soprattutto in una condizione come quella attuale in cui la disoccupazione è iniziata a calare anche in Europa, ma dove la crescita dei salari resta sottotono. Pertanto con le suddette politiche si potrebbe rafforzare il calo della disoccupazione e nel lungo periodo accrescere il livello dell’incremento salariale, così da sostenere la dinamica della crescita dei prezzi. Ciononostante è importante considerare l’effetto opposto che tali politiche avrebbero su settori ad alto tasso di emissioni. Le stime parlano di un 1.5% degli occupati da ricollocare in seguito alla messa in atto di politiche in campo climatico entro il 2050. Tale dato non è particolarmente preoccupante se si considera che tra il 1995 e il 2005 il ricollocamento settoriale all’interno dei paesi OECD è stato pari al 20% degli occupati.
POSSIBILI INVESTIMENTI
Al fine di realizzare quella che l’OECD definisce “svolta decisiva” sono necessarie due tipologie di investimento. Da una parte infatti c’è spazio per ridurre le emissioni dell’industria energetica in senso lato, operando per il miglioramento e lo sviluppo di infrastrutture quali per esempio impianti eolici on e offshore e solari. Interventi di questo genere, seppur caratterizzati da un livello di rischio non indifferente a causa degli alti costi iniziali e di scarse economie di scala, si stima possano essere in grado di produrre un Return on Equity tra il 10% e il 15%.
GRAFICO: Il grafico presenta i range di Expected Equity Return, nelle diverse fonti rinnovabili (in % – elaborazione di dati OECD)
Dall’altra, è importante analizzare lo sviluppo della mobilità nei prossimi decenni. Il fenomeno dell’urbanizzazione è in continua crescita e l’arretratezza delle infrastrutture a livello globale richiede, per riuscire a soddisfare i fabbisogni della popolazione in aumento, una consistente quantità d’investimenti. Le stime parlano di $95 trillioni tra il 2016 e il 2030, pari a $6.3 trillioni annui. Di questi ben il 43% deve essere destinato al settore dei trasporti.
GRAFICO: Investimenti globali necessari per settore, 2016-2030 (elaborazione di dati OECD)
Tra i maggiori vantaggi in termini di investimenti in mobilità, oltre alla spinta di una crescita economica inclusiva e sostenibile, vi è la possibilità di anticipare la riduzione delle emissioni e di rispettare gli accordi di Parigi. Infatti negli anni a venire sarà necessario implementare provvedimenti volti ad applicare i parametri ambientali stabiliti e pertanto numerose infrastrutture, anche di più recente realizzazione, potrebbero diventare obsolete prima della fine della loro vita utile. Con il miglioramento dei sistemi di trasporto in termini di servizio offerto ed emissioni, i livelli di CO2 prodotti dai paesi del G20 dovrebbero subire un calo tra il 34% e il 50% entro il 2050 secondo le stime OECD. Non andare in una direzione sostenibile significherebbe, a causa della lunga vita di questo tipo di infrastrutture, “bloccarsi” in trasporti ad alte emissioni. Per i paesi del G20 le stime ipotizzano in questo scenario contrario (poco auspicabile) un incremento dei livelli di CO2 pari al 10%, oppure implicherebbe un alto numero di cosiddetti stranded assets ossia asset non più utilizzabili e da sostituire prima del previsto.
Un elemento cruciale nello sviluppo di una mobilità sostenibile è chiaramente la modalità di finanziamento di tali progetti. I rischi sono infatti innumerevoli: un rischio politico, più intenso nei paesi emergenti, elevati costi iniziali, i lunghi tempi di payback soprattutto per quanto riguarda ferrovie e metropolitane e una struttura di finanziamento non ancora standardizzata. Per di più, nell’ambito del trasporto pubblico per ragioni di accessibilità sociale è necessario stabilire tariffe non sempre sufficienti a coprire completamente i costi di operazione.
Alla luce di queste criticità è necessario sottolineare l’importanza della collaborazione tra pubblico e privato al fine di accrescere il livello di capitale investito nel settore. In particolare fondi di private equity, ma anche numerose società di asset management, stanno implementando strategie che hanno come target investimenti sostenibili sia in campo energetico che infrastrutturale.
Una delle forme di investimento privilegiate sono le Private Public Partnerships (PPPs) che permettono la partecipazione dei privati, ma la condivisione del rischio con istituzioni pubbliche. Questa tipologia di finanziamento è ad oggi utilizzata in particolare per collegamenti ferroviari frequenti e per sistemi di condivisione di veicoli e biciclette.
Negli ultimi tempi l’emissione di obbligazioni per il finanziamento di investimenti in mobilità sostenibile è cresciuta considerevolmente. I maggiori emittenti di questi strumenti sono società e banche di sviluppo e nel 2016 il controvalore di “Climate Aligned Bond” outstanding era $694 miliardi. Nel 2017 il governo francese è stato il primo ad emettere green bonds, raccogliendo $7 miliardi di dollari durante la prima asta.
È quindi altamente probabile ed auspicabile che nei prossimi decenni assisteremo allo sviluppo e al rafforzamento di un forte trend per quanto riguarda mobilità ed energia sostenibile. Questo come spiegato favorirà il sostegno della crescita a livello globale con effetti positivi da un punto di vista sociale, grazie ad una maggior inclusione e una minor disoccupazione, e ambientale, in conseguenza alla diminuzione delle emissioni. In questo contesto giocherà un ruolo fondamentale lo sviluppo del settore finanziario con soluzioni innovative e sostenibili.
GRAFICO: Investimenti necessari per infrastrutture e risparmi di carburante annuali in uno scenario di decarbonizzazione (stime globali – media annuale per il periodo 2016-2030 – USD 2015 trillion. Elaborazione di dati OECD)
OECD, “Investing in climate, investing in growth”, June 2017.