9.1 miliardi: sono le persone che convivranno sulla Terra entro il 2050 secondo la FAO, la Food and Agriculture Organization. Significa che a pesare sul Pianeta sarà il 20% in più rispetto alla popolazione di oggi, un fenomeno che interesserà soprattutto i paesi in via di sviluppo.
Avranno naturalmente bisogno di spazio, acqua, cibo, e secondo le stime la produzione alimentare dovrà per forza aumentare del 70%. Ciò significherà riuscire a portare ogni anno in tavola il frutto di tre milioni di tonnellate di cereali (rispetto alle 2.1 di oggi), per esempio, e 470 milioni di tonnellate di carne (rispetto alle circa 200 di oggi). Tutto ciò mentre il clima sta cambiando, col rischio che le stesse rese delle coltivazioni possano calare anche del 25% rispetto a ora. È lampante come il settore agroalimentare sia alla vigilia di una sfida enorme.
Una delle possibili strade per impugnare la situazione e incrementare la quantità (ma anche la qualità) dei raccolti è provare a manovrare tutte le fasi della produzione agricola attraverso un uso strategico della tecnologia. E no, non si parla semplicemente di trattori più potenti, o sistemi per la raccolta della frutta più veloci, bensì di quella rete di dispositivi interconnessi capaci di scambiarsi informazioni, comandi e dati attraverso l’infrastruttura di Internet: quella che abbiamo definito Internet of Things (o anche Internet delle cose), spesso abbreviata IoT.
Internet of Things e agricoltura di precisione
Immaginiamo per un minuto di essere dei grossi coltivatori di alberi da frutta. C’è da occuparsi di curare il terreno che ospita le radici delle nostre piante, della quantità d’acqua, della crescita degli alberi e la loro salute, della maturazione dei frutti, dei possibili parassiti, del meteo. Si tratta di esaminare in lungo e in largo ogni ettaro di terra, ogni fila di alberi, dall’alto in basso, ciclicamente. Se oggi possiamo pensare di farlo, anche senza spostarci di un passo, è grazie ai sensori: dispositivi che rilevano tutte queste informazioni e le convogliano verso un unico “contenitore”, dove vengono elaborate. Un po’ come se il nostro frutteto fosse un’entità intelligente, capace di dirci in autonomia come sta.
Non è un miraggio e, pur essendo ancora in fase poco più che embrionale rispetto alle sue potenzialità, ha già un nome: agricoltura di precisione, o precision farming. Nata dall’incontro tra le più moderne reti sensoriali, la capillarità della connessione e le enormi capacità di storage offerte dalle piattaforme cloud, questa strategia può rendere più dettagliato, ma allo stesso tempo estremamente più agile, il processo di controllo, e quindi ottimizzare la produttività, ridurre gli sprechi, l’impiego di agenti chimici e così i rischi. E attenzione: non si tratta di porre l’agricoltura sotto un’ottica industriale, bensì di reinterpretarla sfruttando al massimo le tecnologie del momento e il potere dei dati.
La serra intelligente
Tra le tecnologie emergenti, le smart greenhouses, o serre intelligenti, sistemi capaci di regolare in modo autonomo temperatura, umidità e altri parametri per formulare un micro-clima ideale alla specifica coltura. I modelli più sofisticati sono dotati di pannelli che catturano la luce e il calore del Sole e riescono non solo a garantire un environment ottimale per le piante al loro interno, ma anche ad accumulare l’energia e produrre elettricità senza per questo rallentare la crescita dei vegetali e degli ortaggi. Insomma, prototipi completamente green, dove il processo produttivo diventa ancora più efficace e si contribuisce alla lotta contro il cambiamento climatico.
Esploratori volanti
Un’altra possibilità per gli agricoltori di oggi è l’utilizzo dei droni, i velivoli senza pilota, capaci di sorvolare le piantagioni in totale autonomia orientandosi con il GPS. Dotati di fotocamere ad alta risoluzione, i droni possono restituire immagini dettagliatissime ed estremamente utili ai coltivatori, che data anche la loro accessibilità economica e di utilizzo se ne stanno dotando sempre più spesso.
Perché fotografare le proprie colture dall’alto? Per individuare, dai pattern, se vi sono alterazioni territoriali, come frane o problemi di irrigazione, ma anche infestazioni o malattie che, soprattutto nelle aree molto vaste, da terra passerebbero inosservate. Inoltre, i sistemi ottici dei droni consentono di effettuare riprese a diversi livelli, dagli infrarossi allo spettro del visibile, le quali, combinate, possono aiutare a mettere a fuoco (per esempio) le differenze tra piante sane e stressate. Infine, questi dispositivi possono effettuare voli periodici: ogni settimana, ogni giorno, persino a ogni ora, e quindi garantire un controllo regolare sui terreni, da una manciata di metri fino anche a oltre un centinaio. E a un costo nettamente inferiore ai voli tradizionali e, soprattutto, rispetto alle osservazioni satellitari.