Elezioni US – tra rischio di impasse politica e proclami di “brogli” elettorali

Verosimilmente, l’anno 2020 sarà ricordato più per gli effetti negativi sull’economia americana causati dal Coronavirus, piuttosto che per le tormentate elezioni presidenziali. Tuttavia, a poche ore dalla chiusura delle urne l’esito elettorale continua ad essere tra i più incerti di sempre. I ritardi nello spoglio, dovuti da una parte alle schede “mancanti” e dall’altra alla prevalenza di voti per posta, promettono battaglie legali che andranno oltre l’annuncio del nuovo Presidente degli Stati Uniti d’America.

A metà giornata (mercoledi 4 novembre, ora europea) il risultato delle elezioni Presidenziali americane resta da decifrare. Rispetto ai sondaggi, come già accaduto nel 2016, la performance dei Repubblicani supera le attese. Se al Senato il Partito Democratico potrebbe aumentare la propria rappresentanza, nell’House of Representatives una conferma della “netta” maggioranza Democratica appare complicata. Intanto, entrambi i candidati già stimano una loro vittoria nella corsa alla Casa Bianca.

In US, il numero complessivo di voti ottenuti a livello nazionale non ha rilevanza. La rappresentazione del Collegio Elettorale che determinerà la nomina per il candidato Presidente dipende unicamente dalla vittoria nel singolo Stato, sulla base del principio “winner-takes-all”. Ogni Stato prevede la nomina di un numero determinato di grandi elettori basato sulla popolazione. Il numero cumulato di grandi elettori ottenuti nei diversi Stati è quindi l’unico elemento utile a determinare la nomina del Presidente. Discorso differente per la composizione del Senato, dove ogni Stato esprime due rappresentanti indipendentemente dalla popolazione.

Come già accaduto per l’ultimo mandato, infatti, si palesa la probabilità di una vittoria democratica in termini di voti complessivi (50% vs 48% alle 11:30 circa), che potrebbe però non bastare per ottenere i collegi necessari per la nomina del Presidente. Numeri alla mano, i Repubblicani sembrerebbero più vicini alla conferma.

Restano da assegnare i grandi elettori di una decina di Stati. In due di questi (Alaska e Pennsylvania) la vittoria “rossa” sembrerebbe quasi certa; mentre l’Arizona sarà con tutta probabilità assegnata ai “Dem”. North Carolina, Georgia, Michigan e Wisconsin potrebbero decidere le sorti delle elezioni con Trump in vantaggio nei primi due Paesi.

L’incertezza prevale anche nella formazione delle due camere del Congresso. Il rischio di un’impasse politica resta relativamente elevato, con il Senato proiettato verso una rappresentanza equa dei due partiti, mentre alla Camera dei Rappresentanti la maggioranza dei Democratici potrebbe essere meno significativa rispetto all’ultimo biennio.

Per il risultato definitivo sarà necessario attendere alcuni giorni, soprattutto per via della Pennsylvania che ha deciso di conteggiare i voti ricevuti via posta solamente a partire da oggi. Peraltro, il rischio di battaglie legali sulla veridicità dell’esito e delle procedure non sono da escludere; come già esplicitato dal Presidente uscente.

A livello di mercati finanziari, il rally di inizio settimana sembrava esporsi verso una vittoria Dem a favore di settori quali la Green Economy e il settore delle costruzioni, oltre che verso una minore aggressività in materia di politica estera. Tuttavia, da notare il movimento del rendimento decennale americano sceso di circa 10 punti base in mattinata, indizio di un esito elettorale più incerto delle attese.

Aldilà della vittoria Presidenziale, sarà interessante monitorare i margini nelle due Camere. Una sostanziale parità potrebbe rendere più complesso l’iter decisionale rallentando le scelte politiche. Uno dei temi più impellenti resta la trattativa per l’accordo sul nuovo stimolo fiscale, ma sarà probabilmente necessario attendere i nuovi equilibri politici con il rischio che l’intervento si concretizzi non prima dei primi mesi 2021.

Non bisogna, inoltre, sottovalutare i potenziali effetti della seconda ondata del Virus, di maggior portata rispetto alla prima almeno a livello numerico. Se è vero che il recupero economico del terzo trimestre è risultato sostenuto, i lockdown 2.0. stanno interessando un numero crescente di Paesi europei. Tali interventi porteranno quasi sicuramente ad una riduzione delle aspettative economiche per 4Q2020/1Q2021.

Sul piano delle scelte di investimento si ritiene prematuro modificare gli assetti di portafoglio. La volatilità di breve termine potrebbe mantenersi elevata e l’impasse politica si potrebbe rivelare nemica dei listini.

La scelta di aumentare lievemente la componente “cash” nella seconda parte del mese di ottobre va nella direzione tattica di poter sfruttare eventuali opportunità per un graduale riposizionamento nei prossimi mesi. Attualmente, riteniamo che il rischio di investimento in alcune asset class non sia corrisposto da un ritorno atteso sufficiente o che comunque sia significativamente inferiore rispetto al passato.

Tuttavia, il supporto delle Banche Centrali continuerà ad esercitare un ruolo chiave nell’andamento dei mercati finanziari.