Cinque cose che abbiamo imparato da Davos 2020

21È stata la discussione sul climate change un’altra volta al centro della cinquantesima edizione del World Economic Forum. Dopo il lancio del Green new deal europeo, a Davos tutti gli occhi sono stati puntati sulla contrapposizione tra Greta Thunberg e Donald Trump, anche a giudicare dalla copertura mediatica della stessa.

Dal 1971, politici, imprenditori, accademici, giornalisti e rappresentanti della società civile si recano una volta all’anno nella località sciistica svizzera di Davos, definita come “il luogo in cui i miliardari raccontano ai milionari come dovrebbero vivere le classi medie”. Ecco i cinque temi chiave.

 

Emergenza climatica al centro

Il riscaldamento globale è stato protagonista di innumerevoli sessioni. Per Mark Carney, nelle sue ultime settimane come governatore della Bank of England prima di dimettersi, finalmente anche il settore finanziario – comprese le grandi banche di Wall Street – comprende i rischi legati al riscaldamento globale e sta iniziando a regolare il suo comportamento di conseguenza.

 

Greta protagonista

È stato proprio Davos a trasformare Greta Thunberg in un’eroina. E se l’anno scorso la sedicenne svedese ha “elettrizzato” il WEF, questa volta è andata in punta di piedi contro Donald Trump e i membri del suo gabinetto, avendo sempre la meglio nella discussione. Il ministro del Tesoro Usa Steven Mnuchin ha detto all’adolescente di andare a studiare prima di chiedere lo stop ai combustibili fossili, spingendo l’attivista per il clima a rispondere che non “ci vuole una laurea” per capire l’entità del problema. “Dopo che sarà andata a studiare economia all’università, potrà tornare a spiegarci che cosa pensa”, aveva detto Mnuchin ai giornalisti. Ma l’opinione pubblica sta con la ragazza.

 

Le aziende vogliono Trump

Davos ha una relazione di odio-amore con Trump. Per la seconda volta in tre anni, Trump si è presentato al festival annuale totalizzando più visite di Bill Clinton e Barack Obama in 16 anni. I pezzi grossi delle multinazionali che affollano Davos trovano Trump stranamente avvincente nonostante le sue opinioni anti-globaliste. Davos ha una relazione di odio-amore con Trump. Per la seconda volta in tre anni, Trump si è presentato al festival annuale totalizzando più visite di Bill Clinton e Barack Obama in 16 anni. I pezzi grossi delle multinazionali che affollano Davos trovano Trump stranamente avvincente nonostante le sue opinioni anti-globaliste. L’atteggiamento della comunità economica verso l’amministrazione Trump “è abbastanza positiva”, ha detto Stephen Schwarzman, ad di Blackstone Group, una delle maggiori società di equity al mondo. Tra le ragioni di questa fiducia ci sono il momento positivo per l’economia, l’avvicinarsi di un armistizio con la Cina, il Messico, il Canada e la riduzione delle tasse. Trump si è vantato del miracolo economico che ha creato negli Stati Uniti.

 

 

Britannici sollevati

Il sentiment Brexit era positivo, almeno da parte dei pochissimi britannici presenti. Alla vigilia dell’uscita definitiva dall’Europa, a Davos, i rappresentanti inglesi sono sembrati sollevati, almeno per il fatto di riuscire a chiudere la questione una volta per tutte. Il segnale di distacco è stata anche la scarsa partecipazione UK, sostenuta in toto da Boris Johnson. Da parte sua, l’Europa ha dimostrato apertura al dialogo: “L’Unione Europea è pronta a fare tutto ciò che è in nostro potere per costruire la migliore relazione possibile con il Regno Unito, ma molto dipende dalle decisioni della Gran Bretagna”. Paolo Gentiloni, commissario europeo per l’economia, è intervenuto a Davos in una tavola rotonda su “dopo Brexit, rinnovare la crescita europea”.

 

Web tax: lo scontro Europa-Usa

Sale il tono dello scontro tra Stati Uniti ed Europa sul fronte commerciale. Ad agitare le relazioni è stata la web tax. A riaprire le polemiche è stato, ancora una volta, il segretario al Tesoro americano, Steven Mnuchin: “Una digital tax è discriminatoria per sua natura e la tassazione internazionale è complicata. Ma se si vuole imporre una tassa sulle nostre società, allora prenderemo in considerazione le tasse sulle case automobilistiche”, ha detto. E ha aggiunto: “Quello che facciamo è abbattere le barriere sul commercio e vorremmo le stesse opportunità nel mondo. Vogliamo che siano anche gli altri a buttare giù i muri di Berlino”. A rispondere, per l’Europa, è stato Bruno Le Maire, ministro dell’Economia e delle Finanze francese: “Deve essere chiaro: le società digitali in Francia pagheranno la web tax nel 2020. Per ora abbiamo concordato soltanto una sospensione con gli Stati Uniti, rinviando il pagamento degli acconti dovuti in aprile a dicembre. Questo ci dà il tempo di trovare una soluzione internazionale in ambito Ocse e introdurre una tassa globale comune ed evitare una guerra commerciale, che provoca un rallentamento dell’economia globale”.