Società di gestione del risparmio

Definizione

Le Società di Gestione del Risparmio (SGR) sono società di capitale con direzione generale e sede legale in Italia che fungono da intermediari finanziari autorizzati a prestare servizio nella gestione collettiva del risparmio.

Le attività svolte dalle SGR sono molte, tra cui:

  • l’istituzione o la promozione di fondi comuni di investimento;
  • la gestione su base individuale di portafogli di investimento per conto terzi;
  • l’istituzione e la gestione di fondi pensione;
  • la custodia e l’amministrazione di OICR (organismi d’investimento collettivo del risparmio);
  • la consulenza in materia di investimenti negli strumenti finanziari.

Per iniziare a operare, una SGR deve ricevere un’autorizzazione da parte della Banca d’Italia, che a sua volta consulta la Consob, e la sua attività è regolata dal Ministero dell’economia e delle finanze.

Cenni storici

Nel 1998, con la Direttiva europea 85/611/CEE, vengono introdotte in Italia le SGR, insieme a istituti analoghi negli altri Stati membri dell’Unione Europea.

La direttiva in questione è finalizzata ad armonizzare le normative degli Stati membri che riguardano alcuni organismi d’investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM).

In questo modo si facilita la commercializzazione dei fondi OICVM in Stati membri diversi dallo stato in cui inizialmente è stata rilasciata l’autorizzazione, proteggendo gli investitori.In Italia il testo normativo di riferimento è il Decreto Legislativo del 24 febbraio 1998, nr. 58 (TUF –Testo Unico della Finanza).

 

Società di gestione del risparmio

 

Caratteristiche

Le Società di gestione del risparmio possono svolgere il servizio di gestione collettiva del risparmio secondo due modalità distinte:

  • come società promotrice, quindi tramite la promozione, l’istituzione e l’organizzazione di fondi comuni d’investimento e amministrando i rapporti con i partecipanti;
  • come gestore, ossia gestendo il patrimonio di OICR (organismi d’investimento collettivo del risparmio) istituite da loro o da terzi, attraverso l’investimento in strumenti finanziari, crediti o altri beni.

Per svolgere le loro attività, le società di gestione del risparmio possono affidare alcune scelte di investimento a intermediari oppure delegare a soggetti terzi alcuni servizi di gestione, senza però svuotare di significato il ruolo della SGR, che in ogni caso è responsabile per l’operato dei soggetti delegati nei confronti dei partecipanti al fondo.

Le società di gestione del risparmio inoltre hanno la facoltà di operare anche all’estero, sia in Stati comunitari sia in Stati extracomunitari, seguendo diverse procedure di autorizzazione.

 

Società di gestione del risparmio

 

Requisiti

Per prestare il servizio di gestione collettiva del risparmio è necessario seguire alcune regole, costituendo un nuovo soggetto di diritto italiano oppure aprendo una filiazione di una società bancaria o finanziaria estera già esistente.

Gli intermediari europei possono esercitare la loro attività in due modi:

  • con una stabile organizzazione, ossia una succursale, che rappresenta un’estensione della casa madre, non un’entità legale separata. Per i gestori comunitari non è necessaria l’autorizzazione da parte della Banca d’Italia, ma è sufficiente che l’autorità competente nel Paese d’origine notifichi la cosa alla Banca d’Italia;
  • senza una stabile organizzazione, quindi senza una presenza fisica stabile in Italia. Anche in questo caso è sufficiente una notifica alla Banca d’Italia da parte dell’autorità competente nel Paese d’origine.

Per autorizzare un soggetto a prestare servizio di gestione collettiva del risparmio vengono condotte alcune analisi finalizzate a verificare la solidità patrimoniale dell’iniziativa e la trasparenza e l’adeguatezza del suo assetto proprietario.

La CONSOB valuta invece i profili di trasparenza e di correttezza dei comportamenti.

Alcune verifiche spettano poi alla Banca d’Italia, che valuta il possesso dei requisiti richiesti dalla legge in capo ai partecipanti che detengono almeno il 10% delle azioni o dei diritti di voto.
Gli elementi presi in considerazione sono l’onorabilità, in base al decreto del Ministro del Tesoro n. 469/1998, e la reputazione, la competenza e la solidità finanziaria, in base alle disposizioni secondarie contenute nel Regolamento sulla gestione collettiva del risparmio emanato dalla Banca d’Italia il 19 gennaio 2015.

Ci si assicura che l’assetto proprietario non sia tale da ostacolare un efficace esercizio delle funzioni di vigilanza.

Per questo si valutano anche i legami di qualsiasi natura tra gli azionisti e soggetti che possano compromettere una gestione sana e prudente da parte dell’intermediario.

È necessario presentare un programma di attività, che viene valutato dalla Banca d’Italia secondo due criteri:

  • la sostenibilità, tenendo conto degli investimenti necessari per avviare l’attività e dei volumi operativi che l’intermediario intende raggiungere;
  • la capacità dell’intermediario di rispettare i requisiti patrimoniali sin dall’avvio dell’operatività.

La Banca d’Italia si occupa anche di verificare la governance del richiedente, affinché sia in grado di assicurare il governo dei rischi a cui l’intermediario sarà esposto, coerente con dimensioni e attività prospettate e che sia chiara nella disposizione dei compiti tra gli organi aziendali e nei rapporti con gli azionisti.

Verifica inoltre la professionalità e l’onorabilità degli esponenti aziendali, in particolare per quanto riguarda situazioni penalmente rilevanti.

Gli esponenti devono inoltre aver già esercitato attività di amministrazione o controllo imprese, insegnamento universitario o funzioni amministrative o dirigenziali presso enti pubblici.

La presenza di amministratori indipendenti può essere utile per ridurre il rischio di conflitto di interessi, quindi è valutata come aspetto positivo dalla Banca d’Italia.

La verifica di tutti questi requisiti viene portata avanti dall’organo amministrativo dell’intermediario, che trasmette una copia del verbale della riunione in cui ha svolto le verifiche. Se il verbale è molto analitico, è difficile che la Banca d’Italia richieda ulteriori informazioni. In caso contrario, la Banca d’Italia può svolgere una propria indagine, richiedendo anche una documentazione completa.

Tra le verifiche svolte c’è anche la valutazione dei sistemi interni, tra cui il sistema informatico, che deve assicurare efficacia e una corretta operatività, in modo da adempiere in modo impeccabile alle segnalazioni periodiche di vigilanza.

 

Società di gestione del risparmio

 

Altri intermediari

Oltre alle classiche SGR, esistono altri intermediari finanziari che hanno l’autorizzazione a prestare servizio nella gestione collettiva del risparmio:

  • SICAV;
  • SIM;
  • banche;
  • imprese di assicurazione.

 

SICAV

Le SICAV sono società per azioni che si occupano esclusivamente dell’investimento collettivo delle proprie risorse, che raccolgono collocando al pubblico le azioni della società stessa.
Per poter operare, le SICAV devono avere sede legale e direzione generale in Italia.

Una SICAV può svolgere le stesse attività connesse e strumentali delle SGR, ma può delegare la gestione del proprio patrimonio solamente una SGR. La differenza tra Sicav e Sgr è rappresentata dal fatto che i clienti delle Sicav acquistano lo status di azionista con tutti i diritti e oneri che ne conseguono.

La Banca d’Italia tiene un albo apposito su cui sono iscritte le SICAV autorizzate.

SIM

Le SIM sono state introdotte in Italia nel 1991 e sono autorizzate a svolgere attività di investimento su base individuale sia per conto proprio sia per conto terzi.

Hanno la possibilità di esercitare attività di gestione patrimoniale per la propria clientela, oltre a offrire servizi di negoziazione di strumenti finanziari e di collocamento di prodotti di risparmio gestito.

Per il collocamento e la vendita dei loro servizi, spesso le SIM si affidano a una rete di promotori finanziari.

Banche

Le banche possono raccogliere le risorse finanziarie dei risparmiatori in due modi:

  • diretto, attraverso i conti bancari, i certificati di deposito, ecc;
  • indiretto, attraverso il collocamento di prodotti di risparmio gestito, come ad esempio OICR e gestioni patrimoniali.

Gli istituti di credito possono inoltre offrire servizi e attività di investimento al pubblico e al mercato, come ad esempio la negoziazione per conto proprio o per conto terzi, il collocamento, la gestione individuale di portafogli, e la consulenza in materia di investimenti.

Imprese di assicurazione

Alcune società che operano nel settore assicurativo sono autorizzate a istituire e gestire i fondi pensione aperti e a collocare sul mercato polizze e prodotti finanziari assicurativi.

La normativa Mifid II

MiFID II è la normativa europea entrata in vigore nel 2018 che regola i servizi finanziari europei e costituisce un ampliamento della precedente MiFID I per quanto riguarda la prestazione dei servizi di investimento, la tutela degli investitori retail, la definizione dei servizi di consulenza indipendenti e l’adeguatezza della comunicazione.

Sono regolamentate da questa normativa:

  • la specificità del target di clienti a cui è rivolto il prodotto finanziario, che dovrà così essere disegnato per rispondere alle sue esigenze. Il canale distributivo dovrà agire di conseguenza;
  • la preparazione del personale, per cui le imprese finanziarie devono poter garantire che il proprio servizio è offerto da personale competente sui prodotti offerti;
  • gli incentivi, che non potranno prevedere che l’operatore consigli al cliente uno strumento finanziario in particolare, dandogli la precedenza rispetto a un prodotto più adatto alle sue esigenze;
  • l’adeguatezza dei prodotti per cui è possibile prestare un servizio di semplice esecuzione, cioè senza valutare l’adeguatezza dell’operazione, per cui la regola è più severa che in precedenza;
  • il rafforzamento delle autorità di vigilanza, che potranno proibire o limitare vendita e collocamento di alcuni strumenti finanziari, se ritengono che questi possano esporre a rischi eccessivi gli investitori;
  • l’uso di consulenti indipendenti, di cui l’impresa deve informare tempestivamente il cliente;
  • la comunicazione, che deve essere chiara da entrambe le parti. Sarà infatti necessario che non solo l’impresa dia tutte le informazioni corrette al cliente, ma anche che comprenda l’effettiva conoscenza ed esigenza del cliente, a cui dovrà illustrare nel dettaglio le ragioni e i rischi dell’investimento;
  • la trasparenza su costi e oneri, che dovranno essere indicati in modo aggregato, compreso il costo della consulenza, se possibile una volta all’anno.

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