Il futuro dell’energia solare, tra materiali e tecnologie di frontiera

Risparmiare sull’elettricità, ottenere energia elettrica più pulita, portare luce nelle realtà più povere, dove le infrastrutture e l’accesso non sono ancora a disposizione di tutti: la trasformazione dei sistemi per la produzione di energia è oggi più che mai un punto caldo per lo sviluppo sostenibile. Al cuore della ricerca, lo sviluppo di impianti fotovoltaici più efficienti, più ecosostenibili e, possibilmente, più economici e alla portata di tutti.

Una questione di sostanza

La ricerca sul fronte passa in larga parte attraverso chimica, fisica, nanotecnologie: sono gli scienziati che si occupano di materiali la principale forza motrice verso il cambiamento nel settore. Basti pensare che Dane deQuilettes, uno dei dieci ricercatori più promettenti del Mondo secondo la classifica stilata a fine 2018 da Nature, rivista di riferimento per gli scienziati e gli innovatori su scala internazionale, si occupa proprio di creare quello che potrebbe diventare “il materiale del futuro” per l’energia solare.

Il miglior candidato, finora, ha il nome di perovskite, anzi, perovskiti: una famiglia di ossidi cristallini con proprietà magnetiche, ottiche, elettroniche straordinarie, oltre che capacità di conduzione, maneggevolezza e versatilità non indifferenti. Dovesse andare tutto per il verso giusto, cioè se questa nuova generazione di sostanze si dimostrerà superiore su tutti i fronti rispetto al silicio (ora l’opzione più diffusa per gli impianti fotovoltaici), la svolta sarebbe epocale.

Le promesse tecnologiche

Uno dei plus di questa famiglia di materiali è che sono estremamente vantaggiosi dal punto di vista economico, anche se il lavoro da fare per studiarli a fondo e svilupparne per la prima volta le tecnologie d’impiego non è poco.

Il progetto di punta nel settore – quello di deQuilettes – ha sede al Massachussets Institute for Technology di Boston, il celebre MIT. Si chiama GridEdge Solar e l’obiettivo principale è mettere alla prova le perovskiti, così come altri materiali, rispetto alla possibilità di costruire pannelli il più leggeri e flessibili possibile e, attraverso un approccio incredibilmente interdisciplinare, sviluppare impianti pilota dai quali fare scale up e da esportare poi nei paesi in via di sviluppo, come per esempio l’India.

Leggi anche: Energia geotermica: la forza del calore che sale dalla Terra

 

Le perovskiti al microscopio

Ma perché proprio le perovskiti? Se per gli scienziati rappresentano una grossa risorsa è soprattutto perché possono essere ridotti in una forma molto simile a quella dell’inchiostro, quindi stampabile su rulli pieghevoli e flessibili che possono essere trasportati, montati, smontati e trasferiti in modo molto agile, veloce e, di conseguenza, meno costosi rispetto ai classici pannelli rigidi.

Guardandole poi da vicino, sotto la lente dei più evoluti sistemi per l’indagine dei materiali, una volta depositati sui supporti presentano caratteristiche di superficie modulabili e che, secondo deQuilettes, possono essere “spinte” verso precise proprietà per essere ottimizzate sotto l’aspetto dell’efficienza.

Guardando al futuro

Anche se il costo delle classiche celle al silicio, che forniscono l’1,7% dell’energia elettrica globale, scendesse ancora, non sarebbe probabilmente abbastanza da poter supportare le quasi un miliardo e mezzo di persone che ancora sono tagliate fuori dalla rete. Il cambiamento non è un’opzione, è una necessità.